Quando incontro pensieri che mi fanno riflettere…

venerdì 22 agosto 2014

Esercizi



Ogni tanto mi diverto a creare personaggi con la fantasia. È come fare ginnastica, ma per l’immaginazione e usando come attrezzo una matita. Da uno di questi esercizi è nato Frizzo, piccolo personaggio che abita in una piccola casa. 


Frizzo

Frizzo s’inginocchiò su una pozza, si bagnò le mani nell’acqua dell’ultima pioggia, e si rinfrescò il viso. Pensò orgoglioso che quella mattina aveva corso lungo il perimetro del villaggio più velocemente del solito. Soddisfatto rientrò a casa e si precipitò nella sua camera.  Si liberò dei panni infangati e si rinfrescò, quindi si diresse all’armadio in cerca di qualcosa da mettere. Appesi in bellavista trovò un paio di pantaloni e una camicia nuovi. Appuntato sulla spalla della camicia c’era un biglietto di sua madre: “Questo è forse il giorno più importate della tua vita. Buona fortuna.”

Frizzo pensò a quanti sacrifici doveva aver fatto la madre per poter acquistare quei vestiti. Da quando il padre era perito in missione avevano vissuto con la misera pensione che passava loro la Compagnia, ma adesso era arrivato il suo momento.  La settimana precedente aveva compiuto 150 anni, età minima per essere assunto dalla Compagnia dei Cercatori, e quel giorno doveva incontrare il Gran Capo Cercatore. Certamente la paga base non era un gran ché, ma gli avrebbe permesso di aiutare la madre e di sposare Bitta, la ragazza più bella del villaggio. In pochi anni di lavoro alla Compagnia dei Cercatori avrebbe sicuramente raggiunto l’incarico di Capo Squadra, come suo padre, e allora le cose sarebbero migliorate. Inoltre l’incarico di Cercatore gli dava la possibilità di scovare il nascondiglio del feroce gatto del bosco. Odiava quell’animale con tutto se stesso. Erano passati ormai 50 anni da quel giorno ma Frizzo riviveva tutto come se fosse passata un’ora appena. Vedeva l’animale balzare fuori dal suo nascondiglio agitando la lunga coda e afferrare suo padre. Aveva giurato sulla tomba vuota del padre che l’avrebbe trovato e ucciso. I folletti non dovevano odiare gli altri abitanti del bosco, ma non poteva farci nulla. Bitta e sua madre avevano tentato di dissuaderlo più di una volta ma dentro di lui l’odio lo tormentava ancora.
C’erano voluti 30 anni folletti prima di conquistare la medaglia di Capo Squadra della Compagnia dei Cercatori, che ora portava con orgoglio appesa al petto. Tutte le mattine Bitta lo salutava con un bacio prima lasciarlo andare al lavoro, e lui ricambiava con due baci: il primo a Bitta, e il secondo al loro meraviglioso figlio che riempiva il suo cuore di orgoglio. Quella mattina alla Compagnia era arrivato un incarico particolare: la Regina aveva bisogno di aghi nuovi. Frizzo si era guadagnato la medaglia di Capo Squadra proprio con una richiesta simile, era stato il primo folletto a portare alla Compagnia dei lunghi aghi d’istrice e non i soliti aghi di riccio. Si diresse sicuro verso il nascondiglio dell’animale pensando al regalo che avrebbe fatto a Bitta con la ricompensa per l’impresa. Stava già tornando sui suoi passi con due grossi aghi in mano quando vide la coda del gatto del bosco. Immediatamente si riaccesero in lui i sentimenti di odio che si erano sopiti negli anni passati. Prontamente si nascose per spiare l’animale. Il feroce gatto del bosco era invecchiato, ma non aveva perso l’agilità. Afferrò un topino e lo fece vorticare in aria prima di stringerlo tra i denti. Frizzo lo seguì senza farsi scoprire fino al suo nascondiglio meditando la vendetta. Pensò che non poteva commettere errori perché aveva solo due possibilità per colpire l’animale al naso con i lunghi e resistenti aghi d’istrice. E poi doveva fuggire più veloce del vento.
Al nascondiglio del gatto c’erano due cuccioli ad attenderlo.
“È femmina!” pensò Frizzo. Dalle tracce capì che le gazze le avevano rubato dei piccoli e ora la gatta proteggeva gli ultimi due offrendogli in pasto il suo topino, ormai morto. I cuccioli provarono solo a cibarsi del topolino, ma erano ancora troppo piccoli, quindi reclamarono il loro latte. Frizzo osservò la gatta allattare i piccoli, leccarli e scaldarli. All’immagine dell’animale si sovrappose l’immagine di Bitta con il loro piccolo tra le braccia. Osservò il topino inanimato e lo paragonò a sé. Entrambi erano piccoli, erano veloci, erano cibo. I folletti non devono odiare le creature del bosco, ora finalmente capiva perché. Senza farsi scoprire dalla gatta ritornò alla Compagnia: quella sera avrebbe festeggiato con Bitta la ricompensa. Nel suo cuore non c’era più traccia del sentimento di odio verso il gatto del bosco ma solo la gioia data dall’amore per la sua famiglia.  
 

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